Pera cioccolato
di Angelo Passalacqua
Percorrendo le stradine ed i viottoli del territorio della Murgia è facile incontrare alberi rinselvatichiti, testimoni dell'abbandono di terreni troppo faticosi da coltivare e dai raccolti spesso miseri.
In condizioni ambientali estreme come quelle murgiane, era essenziale che le piante venissero dalla selezione fatta dai contadini, se ottenuta da semina oppure varietà esigenti venivano innestate su piante autoctone selvatiche. Per le pere si usavano i tanti perastri (pero mandorlino) spontanei, Pyrus amigdaliformis e Pyrus pyraster (perastro) o quelli seminati a tale scopo
Se si salvano dagli incendi e dai vandali in cerca di legna o dagli spietramenti e dalle motoseghe, è facile imbattersi in alberi come questo in foto, "testimone" di un'agricoltura eroica e faticosa, che sopravvivono all'abbandono
Un tempo questi terreni erano percorsi da greggi e pastori, questi ultimi innestavano tutti i perastri che incontravano sui percorsi, portando con sé le talee prese da altri luoghi, in modo da trovare, negli anni seguenti, frutta fresca da raccogliere
Questa varietà di pera era molto comune un tempo, la produzione di frutti era molto abbondante, per la gioia di uomini e bestie, per mangiarla bisognava attendere che maturasse completamente, "ammezzandosi" la polpa diventava scura e da qui il nome di pera "cioccolato" o "del caffé"
Anche per questo frutto come per tutti quelli che ho la fortuna di ritrovare, ho innestato i perastri che ho seminato nei miei terreni, è un vero peccato che alberi così resistenti ed autosufficienti si perdano!
Hai fatto benissimo.
RispondiEliminaBellissima iniziativa che andrebbe diffusa. Bravo
RispondiEliminaE che buone che sono queste pere che a maturazione diventano scure! Per veri intenditori
RispondiEliminaCiao Moreno.
RispondiEliminaConfermo!!!
Angelo