Pagine

venerdì 29 giugno 2012

Orti Toscani


di Ilaisola 


Salve amici, desidero mostrarvi alcune foto dei piccoli e gustosi frutti raccolti non quest'estate passata, ma la scorsa (2010), in un pezzetto di terra selvatico ed abbandonato che dei signori ci hanno concesso temporaneamente a Pitigliano, nella zona delle città del tufo, appena in periferia in un vicino campo di ulivi. Io ed il mio amato abbiamo preparato e lavorato un piccolo spazio di terra aperto, confinante con gli ulivi appunto e con una siepe spontanea di prugnolo e rosa canina dove ho potuto notare crescere anche iperico, gladioli selvatici, polmonaria...




La terra si presentava piena di rovi ed erbe. Noi abbiamo fatto un lavoro solo manuale e diretto, chinati con una piccola paletta a mano e rastrellino per spostare i rovi sradicati. E' stato piuttosto faticoso ma siamo sempre felici di svolgere le cose così, senza macchine e senza bisogno di nient'altro se non dell'osservazione diretta e delle mani e degli strumenti che abbiamo già. Alcune radici di rovo sono rimaste sotto perchè impossibili da togliere ed alcuni rovi sono poi cresciuti un pochino nei mesi successivi, vicino ed in armonia con le piantine da orto che abbiamo fatto crescere solo da seme. Le varietà degli ortaggi seminati sono quelli adatti alla coltivazione a secco donatici da Angelo e già in parte sperimentati, con bei risultati, nel nostro giardino sulla spiaggia di una piccola isola del Tirreno dove viviamo per scelta da diversi anni 






Questa resistenza di alcune varietà alla mancanza o scarsità d'acqua ci è utile perchè durante l'estate è facile che ci assentiamo qualche settimana consecutiva per il nostro lavoro di giovani autori e concertisti e possiamo confidare solo sul cielo e nelle precipitazioni.




All'isola d'estate il terreno sabbioso ed il clima siccitoso fanno sentire di più la nostra mancanza alle piantine (per esempio, di pomodoro da insalata, zucchine che nascono bene ma si spengono prima di crescere...). Questo solo perché, sapendo di dovermi assentare, mi trovo spesso a decidere di riservargli apposta uno spazio a mezzombra, per evitare che patisca un'eccessiva insolazione senz'acqua. Però con poco sole le belle piante non arrivano poi sempre a fruttificare!

Nel terreno sperimentato nell'entroterra maremmano di cui vi sto parlando ora (Pitigliano, vicino al monte Amiata, si trova al confine con il lago di Bolsena, e quindi con il Lazio da una parte e con l'Umbria dall'altra) il basilico, stentato ma ottimo, i pomodori (tondino di Altamura) sono cresciuti molto bene sviluppandosi e fruttificando principalmente in Agosto.







A Pitigliano abbiamo seminato ai primi di Giugno: se fossimo riusciti a seminare prima sarebbe stato bello perchè più lunga la raccolta, ma non sapevamo ancora neanche se ce l'avremmo  fatta a far nascere qualcosa in un terreno preso a caso così! Abbiamo provato a mettere delle bottiglie rovesciate (in superficie, interrandole solo in parte col cotone, ma perdono l'acqua subito!) , interrandole secondo il metodo suggerito da Angelo ma è stato possibile forse solo con una o due bottiglie piccole perché il terreno era difficile da scavare in profondità.






Essendo in affitto in un piccolo appartamento nel centro storico di Pitigliano, per andare in questoterreno incolto si trattava di uscire dal paese e risalire circa due chilometri in periferia prima dei campi: prima della germinazione e durante il primo sviluppo delle piantine abbiamo bagnato ogni 2-3 giorni il pezzo da noi seminato riempiendo delle bottiglie (8) ad una fontana in centro e risalendo poi, a volta a piedi ed a volte in macchina, fino a lì, che è rialzato rispetto al prato incolto che dobbiamo attraversare per arrivarci (e dove per un periodo sono state allestite delle giostre con il povero pastore tedesco del giostraio disturbato dal nostro passaggio e pronto a far tremare la gabbia ed il cielo con bau-bau di guardia!)

Abbiamo raccolto qualche cetriolino, pomodorini di Altamura e bellissimi caroselli spuredda! Una volta preparato questo pezzo (6x4) di terreno sconosciuto, hanno fatto praticamente tutto da soli!


All'isola invece sembrano venir bene, a prescindere dalle innaffiature, melone retato, cetrioli piccoli e grandi (stranamente, perché vogliono acqua e terreno fertile), basilico, pomodoro San Marzano. In tutti questi anni comunque non li ho raccolti in quantità ma solo in qualche esmplare, o perché li semino piuttosto tardi per sbadataggine o perché penso troppo in piccolo come una bimba e mi sembra di fare una semina abbondante, come per i piselli, ed invece non lo è mai abbastanza! D'ora in poi voglio pormi scopi più conformi al fabbisogno. Invece in quantità: erbe aromatiche, agli, peperoncini calabresi piccanti (però mi son sempre rimasti carnosissimi ma verdi fino al momento della raccolta ad Ottobre) e rucola; in autunno-inverno cavolo nero laciniato toscano in quantità, bietoline erbette. In primavera insalata canasta e gentilina...




Non mi posso lamentare visto che gli ortaggi qui sono coltivati quasi in faccia al mare, sulla spiaggia ed in più convivono con quelle che molti chiamano erroneamente alghe e che sono invece posidonie (piante superiori) seccate e salate. Per quanto io faccia pulizia, con il vento le posidonie arrivano e girano e fanno da compostaggio spontaneo alla piante coltivate.




Inoltre non concimo, se non raramente con stallatico secco, interro ogni tanto delle foglie di acacia, avendo le piante in giardino, oppure interro i baccelli dei piselli che mangiamo (come Paolo con le fave), dò la cenere intorno alle piante, o ancora dò loro i macerati di ortica. Le pacciamature mi sono inventata di farle con le foglie secche e dorate dei gigli selvatici (pancratium maritimum) che abbiamo in abbondanza intorno.

Ilaisola 



Nota: Le foto del post si riferiscono solo all'orto di Pitigliano.


lunedì 25 giugno 2012

RAPA SENZA TESTA

chiamata anche BROCCOLETTO ALL'OLIO
di Roberta


Questa Brassica rapa, come indica il nome, non fa la cima, ma tante foglie che si consumano sbollentate e condite a piacere.


Caratteristica interessante, che la rende gradita nel mio orto, è quella che, dopo un iniziale lento sviluppo, una volta che viene cimato il fusto centrale (avendo l'accortezza di mantenere il numero maggiore possibile di foglie verso la base), inizia a produrre, dalle ascelle, numerosi getti laterali.
La produzione è continua  e, alle volte, sembra interminabile. L'operazione di raccolto si può estendere per tantissimi mesi, superando l'anno di vita.


La pianta inizia ad assumere la forma di un alberello che può superare il metro di altezza, a seconda di come ed in quale quantità vengono raccolti i getti. A questa altezza è pianta comoda per chi non ama chinarsi per raccoglierne i frutti.


I getti laterali sono teneri e molto più dolci delle cime di rapa (che alle volte risultano amare ai palati delicati).
Il loro sapore viene risaltato se mischiato con altri tipi di verdura, tipo cicoria (che tende ad ingentilire).
Sviluppa foglie molto grandi che possono essere raccolte per fare involtini. In questo caso recido solo la parte tenera della foglia e lascio attaccata la parte restante con il gambo (che risulterebbe troppo dura anche ad avvenuta cottura).


È pianta resistente al freddo. Dopo una settimana passata sotto la neve, non ha manifestato il minimo fastidio. Provata la sua coltivazione anche a 700 metri di altezza.

Non soffre i trapianti. Può essere tranquillamente presa una pianta grande, da potare per renderla più maneggiabile (avendo però l'accortezza di mantenere almeno 4 o 5 foglie) e trapiantarla in altro luogo. Togliendo tutte le foglie non riesce a ricacciare i nuovi getti e muore.
!! Lo stesso vale per la raccolta delle foglie su pianta non trapiantata: non raccogliere mai tutte la foglie, ma lasciarne sempre qualcuna !!


Riesce a resistere a temperature alte e per brevi periodi di siccità solo se la pianta è già grande e ben sviluppata. Le piantine giovani vanno annaffiate almeno 2 volte la settimana, nei periodi di intensa calura; quelle più grandi anche una volta la settimana, considerando che è meglio una annaffiatura abbondante che tante piccole.  In inverno non si deve irrigare, a meno che le piante siano piccole o sofferenti e non piova da mesi.


Per mia esperienza, difficilmente va a seme e, se ci va, sviluppa la cima solo non cimando il fusto centrale e lasciando che la pianta faccia il suo corso.


La pianta in seme ramifica tantissimo e raggiunge i 2 metri di altezza, apparendo come un alberello. Nella foto è al suo stadio iniziale di fioritura, ora la devo potare per contenerne lo sviluppo.

Si semina preferibilmente ad agosto settembre, nelle zone molto calde e siccitose (per evitare alle giovani piantine di soffrire l'eccessivo caldo e, in primavera, nelle zone dove non c'è eccesso di caldo ed è possibile irrigare.

domenica 24 giugno 2012

San Giovanni


di Angelo Passalacqua 

Il giorno del solstizio d'estate, pieno di simboli ed usanze da secoli, con le piante, i riti come i falò propiziatori, la notte delle streghe, la rugiada mattutina dagli straordinari poteri

Erbe di San Giovanni sono la ruta, la lavanda, spighetta di San Giovanni,  i rosmarini, l'artemisia, la saggina, l'agnocasto, l'astro giallo, la crassula, la felce maschio, il sedum telephium, i cardi, il carrubo, pane di San Giovanni, la cipolla, l'aglio e, sopratutto, l'iperico


A ricordo del martirio, molte di queste piante hanno qualcosa di rosso, schiacciando i frutti dell'iperico tra le dita, ci si macchia di "sangue"

Tanti sono anche i detti proverbiali legati al Santo, dal pugliese "San Giovanni, cogli fioroni e metti in gola" (San Giuann, pigghie c'lumbr e min 'ngann


Buccia verde e rosso scuro per il fiorone Pisticci, 180 grammi l'uno


Le cipolle 


"Per San Zuanne chi non compra l'aglio, per tutto l'anno non arà guadagno" ha scritto il Pascoli in "San Giovanni"

Questo in foto porta il nome del santo, ha i bulbi rossi nascosti nelle pergamene bianche, si conservano per l'inverno perché ora si usano i grossi bulbilli che mette in cima, a mò di cipolla egiziana...



Aglio rosso di San Giovanni a confronto col comune bianco, i bulbilli sono succosi e piccantini, l'uso è il normale di cucina ma, a chi piace, va benissimo crudo in insalate miste


Questa è la "mia" pera di San Giovanni, con lo stesso nome cresce in ogni zona d'Italia ed è sempre diversa! E' matura quando la buccia è rossa e gialla, il sapore è eccellente!

mercoledì 20 giugno 2012

CAVOLAIA (Pieris rapae)

parassiti -  episodio 7
di Giovanni e gli Amici dell'Orto

Fortunato chi coltiva cavoli e non conosce la cavolaia!

da:  http://it.wikipedia.org/wiki/Pieris_rapae
Io non sono tra questi, e devo dire che neanche il freddo della montagna è riuscito a difendere i miei cavoli dalla voracità dei suoi verdi bruchi-figli

http://www.lucianabartolini.net/pagina_farfalle_pieris_brassicae.htm

E così, mentre la ammiro volteggiare in amorose acrobazie sulle giovani pianticelle dei miei orti, rimembro che è ora di approntare le opportune difese.

Ne ho provate diverse, ve le racconto:

Quando tenevo poche piante ad uso famiglia raccoglievo manualmente i bruchi; i risultati erano scarsi perché la mia costanza a togliere era inferiore alla sua a deporre.
Poi le piante sono aumentate, e così ho provato con il Bacillus thuringiensis, suo antagonista biologico, da spruzzare sciolto in acqua; e devo dire che se lo abbinavo anche a sufficiente attenzione e tempismo funzionava, ma era metodo che comunque non mi soddisfaceva, comportava lo spruzzare, e per chi vende verdura naturale non è una bella pubblicità.

E così ho deciso il grande passo! Costruirmi una cavolata.
Il principio è semplice, frapporre tra cavoli e cavolaia una barriera invalicabile.
Lo si può fare con tessuto non tessuto, se i cavoli sono pochi.
Ma i miei sono tanti e così ho optato per la rete antigrandine che ho posato su una struttura di pali di castagno e fili di ferro sino a formare un ampio capanno chiuso su tutti i lati dove io posso entrare comodamente a fare i lavori e a raccogliere i cavolami mentre la cavolaia se ne sta fuori a guardare me che svolazzo.
E questa è la soluzione migliore che per ora ho trovato.


Cavolata: il principio è costruire una scatola chiusa su 5 lati (il sesto è la terra) inaccessibile alla farfalla cavolaia. Materiale occorrente: pali di castagno lunghi metri 2,50 con 15 cm. di diametro (basta anche meno), filo di ferro robusto, chiodi a U, (cambrette), tirafili, rete antigrandine (la vendono a metratura, ha larghezza variabile, io ho utilizzato quella da 8 metri, in due strisce di metri 25 di lunghezza.

La cavolata nel suo insieme, formata da pali di castagno grezzi di 2 metri di altezza fuori terra (metri 2,50 totali - 50 cm. interrati) e fili di ferro che corrono sopra e sotto i pali. Questa cavolata e di circa 250 metri quadrati e può ospitare circa 500 piante di cavoli di varie qualità


Particolare del palo d'angolo, che deve essere rinforzato con due pali obliqui (saette) a contrasto del tiro orizzontale



Particolare del tirafili, lo si può trovare in ferramenta a modico prezzo; è utile per regolare la tensione del filo di ferro

Particolare superiore del palo e del chiodo a U entro il quale deve poter scorrere il filo di ferro che sostiene la rete
Particolare inferiore del palo e del chiodo a U entro il quale deve poter scorrere il filo di ferro che tratterrà la rete a terra




Particolare del palo centrale e del doppio filo di ferro al quale verranno fissati i lembi (sovrapposti) delle due reti che comporranno la copertura

Particolare dell'irrigazione a pioggia, posizionata al centro della cavolata dove le due reti si congiungono, composta da tubo in ferro idraulico da 1/2 pollice al quale allaccio un tubo volante in gomma e dal quale posso derivare un altro tubo volante di servizio in gomma. Sulla sommità del tubo ho avvitato uno spruzzino girevole a battente. In questo orto ho acqua con una pressione di 8 atmosfere che mi consente un raggio di irrigazione di 15 metri. In futuro vorrò provare l'irrigazione a goccia con manichette

Particolare della testata del tubo di irrigazione in ferro, è uno spruzzino girevole a battente, che si può acquistare nei garden center, avvitato sul tubo in ferro




Particolare del palo a filo terra. La pelle del palo in castagno è stata bruciata per prolungarne la durata; da noi si dice che il palo di castagno dura la tua vita, e se lo bruci nel tratto che sta tra terra e aria dura anche la vita di tuo figlio

Particolare dei trapianti e del tubo in gomma di servizio per i bagnaggi locali

Consiglio: prima di piantare i pali verificare la larghezza e la lunghezza della rete disponibile, poi piantare i pali alle ragionevoli distanze.

Difetti? Un onorevole costo d'impianto, ripagato però da cavoloni senza bruchi e senza buchi e senza cacche di bruco, belli quasi come quelli industriali.
Devo confessare che però ho un vantaggio, da me grandina raramente, e se mai capiterà abbondante mi sa che ci sarà da ridere ...

Le immagini con la rete posata la prossima volta, quando l'avrò messa.

Aggiornamento del 20/08/2013:
Ora la rete l'ho posata, la potete vedere QUI insieme ad altri aggiornamenti "cavolaia"


rete di protezione per piccole aiuole
di Claudia

Per aiuole che stanno coperte tanto tempo: tondino di ferro piegato e infilato nel terreno, misura adeguata


Se ne mettono fitti quanto serve.


Sopra ci mettiamo una rete robusta per non fare affossare la retina protettiva


Sopra ancora la retina

In rosso indico dei tondini di ferro o simili per fermare la retina a terra.
Vista di lato


Ecco ora una copertura mobile, comoda da togliere e mettere tutti i giorni, per esempio per evitare che i passeri becchino l’insalata, ma facile da togliere e rimettere per raccogliere appunto l'insalata ogni giorno. E' più ingombrante da custodire quando non serve:

Una sagoma di rete da recinzione, di misura adatta.
Alta quanto serve, non deve essere infilata nel terreno ma solo appoggiata.




Si piegano i lati



Si ricopre di retina


Vista di lato


La retina si può cucire o puntare con graffettatrice o fermagli.

Si appoggia sull’aiuola, scoperchiando velocemente ad ogni raccolto.



altri parassiti
<<<===|                 |===>>>

martedì 19 giugno 2012

Ciliege 2012

Le ciliege 2012

di Angelo Passalacqua 


Il viaggio alla scoperta di altre varietà continua, inizia con una ciliegia Bianca, il suo colore rimane sempre candido, anche a piena maturazione


Questa varietà ha una crescita molto vigorosa, anche se innestata sul Santa Lucia, il sapore è ottimo, i frutti non vengono mai attaccati dalla mosca come dagli uccelli, attendono invano che cambino colore...


  Anche la marmellata mostra un colore inusuale, la polpa delle ciliege è bianca.


http://www.doppiavoce.it/varort/index.php?option=com_content&view=article&id=460%3Ainv-5548-biancolella-somma-vesuviana-2551953&ca

La biancolella era presente in molte zone di Puglia, Basilicata e Campania fino agli anni Sessanta, ora è varietà da amatori


La montagnola ha una pezzatura più piccola dei duroni, la polpa è tenera, non molto dolce il sapore ma più aromatico, una ciliegia "diversa" dal gusto molto buono.


Ora lasciamo le ciliege "vere e proprie", varietà di prunus avium, per vedere un prunus cerasus 


Errore molto comune è credere che la visciola sia un'amarena selvatica o una marasca, sono molto diverse. La visciola ha frutti più grossi, uguali a molte ciliege coltivate e, sopratutto, il suo sapore non è amaro, molto gradevole e "corposo", il profumo è intenso. A piena maturazione  ha un colore molto scuro


E' una pianta molto antica, oggi poco conosciuta e coltivata. La pianta ha un portamento arbustivo,  più che albero è un grosso cespuglio, nessun problema di mosca o altri parassiti e malattie fungine. Conviene sempre innestarlo per evitare i problemi dei polloni che nascono dalle sue radici.



http://www.ilgiardinodellecollezioni.it/prodotto.aspx?id=672


Non fatevi ingannare dalla denominazione di ciliegio acido, il sapore è ottimo e molto gradevole, oltre che al naturale, le visciole si gustano così:

http://www.piazzadelgusto.it/Visciolata.htm
http://www.cantinedelcardinale.it/IT-home.html



venerdì 15 giugno 2012

Il Pesco


Pesche e percoche

di Angelo Passalacqua

" O ragazza dalle guance di pesca
o ragazza dalle guance d'aurora
io spero che a narrarti riesca
la mia vita all'età che tu hai ora." 
          
                Oltre il ponte,  Italo Calvino 


Negli affreschi delle case di Pompei sono presenti questi frutti, i Romani li chiamavano pomum persicum perché li credevano originari della Persia, portati in Grecia da Alessandro, in realtà vengono da più lontano, dal sud della Cina.

http://cucina.blogautore.espresso.repubblica.it/tanti-modi-di-dire-pesca/

Nella mia zona si coltivano poche varietà di pesche vere e proprie, come la Michelini, la Bianca, la minuscola Cipressino, tante invece le Percoche 

http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/pescabianca.htm



Il nome è frutto di un malinteso dei nostri soliti Antichi, loro per praecoquis (precoce) intendevano le albicocche, come ci mostra Apicio in una sua ricetta:

http://www.ristorantepresident.com/cena_antichi_pompeiani_bibliografia.html


Meno succose delle pesche ma buonissime e profumatissime, le varietà sono molte, dal percoco di Turi, di Tursi, di Acquaviva, quelli di origini campane

http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/percocapizzo.htm
http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/percocaputeolana.htm
http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/percocaterzarola.htm


http://www.turionline.it/2009/08/percoco-di-turi/


http://it.wikipedia.org/wiki/Percoca


In basso la mitica tabaccara, la pesca piatta di origine siciliana 


http://www.etnastyle.it/2012/01/pesca-tabacchiera-etna.html 




Con polpa bianca o gialla, profumi inebrianti e sapore ottimo



Oltre che al naturale, si usa consumare i percochi come "mangia-bevi", tagliandoli a pezzi e mettendoli nei bicchieri da riempire con vino fresco, si beve per tutta la durata del pranzo e, alla fine, si mangia...


http://it.wikipedia.org/wiki/Prunus_persica

Degne di menzione le calabresi merendelle, insolita e curiosa varietà.


La coltivazione richiede molta attenzione ed assidue cure, purtroppo è un frutto molto delicato, come sempre innesto su portainnesto idoneo, qui è il mandorlo che consente la coltura a secco, meglio innestare i rami in alto, in modo di avere poco legno di pesco e molto di mandorlo, per limitare i danni... Poi ci sono ingegnosi metodi come questo:
http://www.agrirape.it/it/prod/pescasettembrina/infopesca.html