La semina "al pizzico"
di Angelo Passalacqua
Una semina tradizionale, ora poco conosciuta, riservata ai pomodori "da serbo".
L'eccezionale capacità di serbevolezza di questi pomodori (arrivano anche ai due anni, fuori dal frigo!) consente la semina diretta in campo, "pizzicando" le bacche tra indice e pollice ed interrandone i semi a postarella.
Il periodo è quello della Pasqua, nella mia zona di alta collina il freddo dura a lungo e non permette la coltivazione di molti ortaggi, pomodori ma anche fagioli, dolici, caroselli, ecc. Ortaggi che non saranno mai irrigati.
Io uso le mani ma potete utilizzare attrezzi, si apre una postarella con gesto rotatorio, poi...
...si pizzica il pomodoro, facendo cadere i semi nel terreno, quattro o cinque per postarella. I pomodori verranno ovviamente mangiati, non buttati!
Si ricopre con terreno asciutto, si attende lo spuntare delle piantine, all'occorrenza si diradano ripiantando quelle in eccesso a distanza.
La tecnica si può adottare anche per i pomodori non serbevoli, in questo caso vanno messi qualche ora in un panno bagnato e strizzato, per reidratarli. Come si faceva un tempo col Ciettaicale di Tolve, ad esempio.
Pagine
▼
martedì 30 aprile 2019
giovedì 25 aprile 2019
TARO
TROPICI IN PIANURA PADANA
di Moreno Monegato
Ecco un altro esperimento ben riuscito, una pianta tropicale fatta crescere in pianura padana, si tratta del taro, Colocasia esculenta.
Io ho fatto così:
Ho piantato i tuberi, ricevuti ad uno dei nostri scambi dei semi a cui partecipiamo, in vasetti con terriccio universale nel mese di Marzo e messi in serra. Li ho tenuti sempre umidi, si tratta di pianta semi-palustre e dopo più di un mese sono spuntate le prime foglie, a Maggio a dimora, in file distanti una cinquantina di centimetri, con distanza di trenta centimetri tra le piante, sulla fila.
Cosa molto importante è l'irrigazione, deve essere abbondante e giornaliera, ho messo un impianto a goccia , con temporizzatore. Altrimenti va bene anche irrigare a pioggia o con altri sistemi, purché si crei un ambiente molto umido, guardate il risultato, anche molto decorativo.
Anche se un pò sommerse dalle erbe infestanti, le piante se la sono cavata benone, per tutta l'estate!
A Novembre, dopo la prima brinata, è giunta l'ora di raccogliere...
Dopo la raccolta consiglio di lavare bene i tuberi e metterli ad asciugare qualche tempo all'aria ed al sole, ma non fateli ghiacciare, poi si conservano per lunghissimo tempo.
Sono ottimi fritti come chips ed anche per addensare salse e sughi perché ricchissimi di amido.
La pianta che ha prodotto i tuberi, una volta ben seccate le foglie, si pulisce e si conserva in ambiente asciutto e non freddo, come per i tuberi, e si può ripiantare l'anno seguente perché non muore ma va a riposo.
di Moreno Monegato
Ecco un altro esperimento ben riuscito, una pianta tropicale fatta crescere in pianura padana, si tratta del taro, Colocasia esculenta.
Io ho fatto così:
Ho piantato i tuberi, ricevuti ad uno dei nostri scambi dei semi a cui partecipiamo, in vasetti con terriccio universale nel mese di Marzo e messi in serra. Li ho tenuti sempre umidi, si tratta di pianta semi-palustre e dopo più di un mese sono spuntate le prime foglie, a Maggio a dimora, in file distanti una cinquantina di centimetri, con distanza di trenta centimetri tra le piante, sulla fila.
Cosa molto importante è l'irrigazione, deve essere abbondante e giornaliera, ho messo un impianto a goccia , con temporizzatore. Altrimenti va bene anche irrigare a pioggia o con altri sistemi, purché si crei un ambiente molto umido, guardate il risultato, anche molto decorativo.
Anche se un pò sommerse dalle erbe infestanti, le piante se la sono cavata benone, per tutta l'estate!
A Novembre, dopo la prima brinata, è giunta l'ora di raccogliere...
Dopo la raccolta consiglio di lavare bene i tuberi e metterli ad asciugare qualche tempo all'aria ed al sole, ma non fateli ghiacciare, poi si conservano per lunghissimo tempo.
Sono ottimi fritti come chips ed anche per addensare salse e sughi perché ricchissimi di amido.
La pianta che ha prodotto i tuberi, una volta ben seccate le foglie, si pulisce e si conserva in ambiente asciutto e non freddo, come per i tuberi, e si può ripiantare l'anno seguente perché non muore ma va a riposo.
domenica 21 aprile 2019
LA RADICE DI LUCE
Radice di Luce
di Moreno Monegato
Carissimi Amici,
Vi presento una pianta che ho coltivato per ben due anni per la radice commestibile, si tratta della Radice di Luce.
Il primo anno ho piantato i piccoli tuberi che crescono nella parte aerea della pianta, (vedi seconda foto,sotto) in un cassone rialzato, con sabbia di fiume sotto e terriccio nella parte superiore.
E' cresciuta una pianticella alta 50/60 centimetri, un pò esile, però in autunno con mia sorpresa mi sono ritrovato delle radici lunghe 40/50 centimetri e già a forma di clava, grosse un paio di centimetri.
Su consiglio del fornitore dei semi le ho tolte dal cassone e messe in cantina, come si conservano le normali patate, la primavera seccessiva le ho ripiantate ed il risultato lo vedete nelle foto sotto...
Prima dei tuberi aerei, la pianta, che è rampicante, produce dei piccoli fiorellini verde pallido, non molto appariscenti ma dal profumo di cannella che si sente ben prima di accorgersi dei fiori (purtroppo non sono riuscito ad immortalarli)
Dopo un bel pò di lavoro ma con estrema delicatezza, sono riuscito ad estrarre le radici, anche se non tutte intere come noterete, perchè sono più delicate del vetro appena raccolte, poi si asciugano e diventano robuste.
Una pianta che viene da così lontano ma si trova a suo agio anche nei nostri climi... Che poi abbia tutte le proprietà che le attribuiscono non lo so, comunque può sostituire le classiche patate.
Moreno
Aggiungo qualche informazione allo scritto di Moreno. La Radice di Luce è associata in Europa a Steiner, come leggiamo qui e vediamo qui. Questo video in lingua originale. e qui le informazioni utili.
Angelo
di Moreno Monegato
Carissimi Amici,
Vi presento una pianta che ho coltivato per ben due anni per la radice commestibile, si tratta della Radice di Luce.
Il primo anno ho piantato i piccoli tuberi che crescono nella parte aerea della pianta, (vedi seconda foto,sotto) in un cassone rialzato, con sabbia di fiume sotto e terriccio nella parte superiore.
E' cresciuta una pianticella alta 50/60 centimetri, un pò esile, però in autunno con mia sorpresa mi sono ritrovato delle radici lunghe 40/50 centimetri e già a forma di clava, grosse un paio di centimetri.
Su consiglio del fornitore dei semi le ho tolte dal cassone e messe in cantina, come si conservano le normali patate, la primavera seccessiva le ho ripiantate ed il risultato lo vedete nelle foto sotto...
Prima dei tuberi aerei, la pianta, che è rampicante, produce dei piccoli fiorellini verde pallido, non molto appariscenti ma dal profumo di cannella che si sente ben prima di accorgersi dei fiori (purtroppo non sono riuscito ad immortalarli)
Dopo un bel pò di lavoro ma con estrema delicatezza, sono riuscito ad estrarre le radici, anche se non tutte intere come noterete, perchè sono più delicate del vetro appena raccolte, poi si asciugano e diventano robuste.
Una pianta che viene da così lontano ma si trova a suo agio anche nei nostri climi... Che poi abbia tutte le proprietà che le attribuiscono non lo so, comunque può sostituire le classiche patate.
Moreno
Aggiungo qualche informazione allo scritto di Moreno. La Radice di Luce è associata in Europa a Steiner, come leggiamo qui e vediamo qui. Questo video in lingua originale. e qui le informazioni utili.
Angelo
sabato 13 aprile 2019
POMODORINO DEL PIENNOLO
Pomodorino del Piennolo
di Domenico Tommasino
Con cento piantine si ricavano mediamente 10 Piennoli dal
peso di 2,5/3 chilogrammi usando uno spago di una lunghezza di circa 90
centimetri.
Quando
le piantine raggiungono un’altezza di circa 20 cm potrete iniziare ad apporre i tutori e legandole quanto necessario per
farle crescere erette
di Domenico Tommasino
Il pomodorino del piennolo è un grande prodotto della tradizione Campana, coltivato già
da metà ottocento e principalmente alle pendici del Vesuvio, oggi è un prodotto
D.O.P., il prodotto fresco è totalmente assorbito dal mercato locale, vista la produzione
limitata.
Ha un
sapore intenso, dolce-acidulo, un bel colore rosso vivo, buccia molto spessa e
la bacca dal peso da 20 a 30 grammi, a seconda del terreno su cui si coltiva e la sua caratteristica
principale è la lunga conservabilità ed il pizzo, esiste anche il Piennolo giallo dal gusto più
delicato e si conserva anche meglio.
Si caratterizza da un’ottima conservabilità post raccolto, il
raccolto avviene generalmente da agosto in poi (trapiantando ad aprile e
maggio)
Per conservarli sino a
marzo dell’anno successivo.
L’irrigazione va sospesa appena si formano i pomodorini del primo palco in modo da far crescere la
pianta e frutti con meno acqua
possibile, preferibilmente va cimata, poi una volta raccolti i grappoli, i pomodori
vanno a formare i Piennoli, vanno appesi
in luogo asciutto, non guasta la ventilazione e la penombra.
Per avere una buona qualità del pomodoro è preferibile far
crescere la pianta legata a dei tutori o allo spago in modo da far raggiungere
i raggi solari sull’intera bacca
I semi ricavati dalla produzione dell’anno precedente, al
momento della semina è preferibile porli in acqua per una giornata, oppure si
possono usare i semi ancora freschi ricavati dai pomodori che si sono
conservati sino al mese della semina.
Per comodità di semina e del successivo trapianto si possono
usare contenitori alveolari, se volete con torba raffinata
Il trapianto generalmente va fatto ad una distanza di 30-40
cm l’una dall’altra, almeno un metro e
mezzo tra le file, nelle foto vedete la pacciamatura con film plastico, è
purtroppo una scelta per la mia carenza di tempo e per evitare la crescita di
erbe infestanti, nonché per risparmio idrico, ma usare la
paglia per pacciamare andrebbe benissimo!
Ad inizio agosto
saranno in maturazione avanzata pronte
per il raccolto, personalmente inizio dopo il 15 agosto a scalare.
domenica 7 aprile 2019
FAVA DI SANTORINI
Fava di Santorini
di Angelo Passalacqua
L'isola vulcanica di Santorini è la patria di piante come la vite, coltivata in una particolare modalità, per difenderla dal vento e non irrigata, tipici pomodori da serbo, un anguria e questa fava molto particolare, che poi fava non è ma cicerchia.
Slow Food tutela questa varietà, pianta selvatica che solo qui a Santorini cresce da sempre, una selvatica addomesticata e coltivata.
Perdonate la scarsa qualità delle foto, potrete ammirare questa primadonna in foto migliori, nei siti che segnalerò più sotto.
I piccoli semi vengono decorticati e poi cotti come in Italia cuociamo le fave decorticate, nel macco siciliano o nelle pugliesi "favebianche". A Santorini infatti la chiamano appunto fava o pisello giallo. La ricetta originale è chiamata "fava sposata", fava e cipolla.
Cicerchia coltivata a Santorini e pianta selvatica in altri territori, in Italia è (poco) conosciuta come cicerchia porporina, Lathyrus clymenum, la vediamo qui e qui.
I semi. Foto di Max Nunziata da Facebook
di Angelo Passalacqua
L'isola vulcanica di Santorini è la patria di piante come la vite, coltivata in una particolare modalità, per difenderla dal vento e non irrigata, tipici pomodori da serbo, un anguria e questa fava molto particolare, che poi fava non è ma cicerchia.
Slow Food tutela questa varietà, pianta selvatica che solo qui a Santorini cresce da sempre, una selvatica addomesticata e coltivata.
Perdonate la scarsa qualità delle foto, potrete ammirare questa primadonna in foto migliori, nei siti che segnalerò più sotto.
I piccoli semi vengono decorticati e poi cotti come in Italia cuociamo le fave decorticate, nel macco siciliano o nelle pugliesi "favebianche". A Santorini infatti la chiamano appunto fava o pisello giallo. La ricetta originale è chiamata "fava sposata", fava e cipolla.
Cicerchia coltivata a Santorini e pianta selvatica in altri territori, in Italia è (poco) conosciuta come cicerchia porporina, Lathyrus clymenum, la vediamo qui e qui.
I semi. Foto di Max Nunziata da Facebook
giovedì 4 aprile 2019
FAGIOLO DI OLIVETO CITRA
Fagiolo di Oliveto Citra
di Angelo Passalacqua
Siamo ancora in Campania, c'è un filo che unisce questa zona e la sitibonda Puglia, qui scorre il Sele che attraverso l'Acquedotto Pugliese arriva in Puglia. Questo fagiolo porta il nome di fagiolo dall'occhio dell'Alto Sele, è tutelato da un presidio di Slowfood.
Oliveto Citra è uno dei comuni dove viene coltivato questo fagiolo dall'occhio, malgrado il nome, non è un fagiolo Vigna o dolico, è un fagiolo vulgaris.
Un fagiolo molto simile è coltivato a Sarconi, ma non sono proprio uguali. Vedrò se ci sono differenze coltivandolo, ma non nei miei terreni, io non irrigo e non ce la farebbe, ma dalle parti di Matera c'è un amico che sarà felice di averlo... Intanto, ho sacrificato un pò di fagioli per il test culinario e posso affermare che è proprio delizioso!
di Angelo Passalacqua
Siamo ancora in Campania, c'è un filo che unisce questa zona e la sitibonda Puglia, qui scorre il Sele che attraverso l'Acquedotto Pugliese arriva in Puglia. Questo fagiolo porta il nome di fagiolo dall'occhio dell'Alto Sele, è tutelato da un presidio di Slowfood.
Oliveto Citra è uno dei comuni dove viene coltivato questo fagiolo dall'occhio, malgrado il nome, non è un fagiolo Vigna o dolico, è un fagiolo vulgaris.
Un fagiolo molto simile è coltivato a Sarconi, ma non sono proprio uguali. Vedrò se ci sono differenze coltivandolo, ma non nei miei terreni, io non irrigo e non ce la farebbe, ma dalle parti di Matera c'è un amico che sarà felice di averlo... Intanto, ho sacrificato un pò di fagioli per il test culinario e posso affermare che è proprio delizioso!