venerdì 21 marzo 2014

PATATE DOLCI VIOLA

di Jay (Tucson - Stati Uniti)

Nel corso del tempo la disponibilità e la diversità di varietà vegetali provenienti da tutto il mondo sono aumentate di pari passo con la varietà cromatica degli ortaggi stessi. Uno degli ortaggi che ha subito un cambiamento di colore è la modesta patata dolce. Sebbene la patata dolce sia originaria dell’America centrale e meridionale, molte delle varietà più riccamente variopinte (incluse le patate dolci viola) si sono sviluppate al loro arrivo in Asia.



La patata dolce viola è stata introdotta più recentemente negli Stati Uniti grazie agli agricoltori del North Carolina che, dopo essere stati precedentemente dipendenti dalla coltivazione del tabacco, avevano ora una nuova coltura che prese il nome di “Patata Dolce Viola di Stokes” (1). Come nel caso di molte imprese che speravano di fare soldi dalla coltivazione di ortaggi, la Patata Dolce Viola di Stokes fu brevettata in modo che gli agricoltori potessero trarre guadagni senza la preoccupazione che altri coltivatori cercassero di ridurre i loro profitti. Una varietà di patata dolce brevettata non impedì ad alcuni appassionati di orticoltura, che erano interessati alla coltivazione di patate dolci viola, di importare nuove varietà dall’Asia e dalle Hawaii con l’obiettivo di produrre e sviluppare varietà di patate dolci viola per conto proprio.


Nel corso degli ultimi anni ho sperimentato vari tipi di patate dolci (comprese parecchie varietà di patata dolce viola) nel mio giardino ai margini del deserto. Anche se le normali patate (che appartengono alla famiglia delle solanace
http://en.wikipedia.org/wiki/Nightshade_famil)
non riescono a sopportare il caldo estremo dell’Arizona, le patate dolci (che sono imparentate con la campanella (2) http://en.wikipedia.org/wiki/Ipomoea) adorano il calore. Le piante di patate dolci hanno bisogno di poca acqua e di una minima quantità di fertilizzante, sono resistenti alle malattie e agli insetti nocivi e si estendono sul terreno praticamente alla stessa maniera dell’edera. Se coltivate correttamente, conservando i tuberi nella stagione invernale e facendo attenzione a tracce di eventuali malattie, le patate dolci sono in grado di crescere per molti anni nello stesso appezzamento di terreno.



Nello sviluppare nuove varietà vegetali, ortolani e agricoltori devono spesso affrontare problemi correlati alla modalità di coltivazione dei nuovi ortaggi. Alcuni problemi che ho affrontato nella coltivazione di varietà di patate dolci viola riguardano radici con il nucleo centrale duro e legnoso, radici invendibili a causa della enorme grandezza o dalla forma strana, raccolti modesti, sapore insipido. Per quanto non tutti questi problemi si evidenzino in una varietà specifica di patata dolce viola, dalla mia esperienza ho scoperto che ogni varietà presenta una di queste caratteristiche negative. Ad esempio, se un tipo di patata dolce viola ha un’alta produttività e non presenta una parte centrale legnosa, c’è la possibilità che il suo sapore sia particolarmente insipido. Se un’altra varietà presenta forma e dimensione commerciabili e un sapore gradevole, può darsi che manifesti una bassa produttività. Qui negli Stati Uniti, ortolani ed agricoltori continuano a lavorare per sviluppare nuove varietà viola che  equivalgano alle loro controparti di colore giallo in dolcezza e commerciabilità.


Ci sono molte varietà disponibili di patata dolce viola; ecco qui tre delle varietà che ho coltivato recentemente:

All Purple Sweet Potato 
http://scientificgardener.blogspot.com/2012/12/all-purple-sweet-potato.html:
sapore moderatamente dolciastro, lunghe radici scure distanti dalla base della pianta, semi-tardivo. Leggermente legnoso (circa 45 chili da 12 piante).




Purple Dingess 
http://scientificgardener.blogspot.com/2013/12/the-dingess-purple-sweet-potato.html:
sapore dolciastro ricco e complesso, colore molto scuro, radici poco legnose. Produzione modesta. Radici estremamente commerciabili che crescono appena sotto la base della pianta (poco meno di 7 chili da cinque piante).




Purple Delight o Alabama Purple 

http://scientificgardener.blogspot.com/2013/12/purple-delight-sweet-potato-harvest.html
raccolti incredibili, pianta vigorosa, radici scure, sapore molto blando con consistenza morbida. Le radici differiscono tra di loro per forma e grandezza. La maggior parte delle radici crescono direttamente alla base della pianta (poco meno di 23 chili da poche piante).



In conclusione, è molto divertente ed interessante coltivare le patate dolci viola, producono un’abbondante riserva di cibo nei climi sub-tropicali. Sebbene la maggior parte delle patate dolci viola abbia un buon livello di commestibilità, gran parte dei cultivar viola necessita di cure maggiori per raggiungere il livello qualitativo delle loro controparti gialle. Detto questo, molti miei familiari ed amici dicono che non c’è niente di meglio che mangiare un tortino di patate dolci viola.






(1) Dal nome di una contea nello stato americano del North Carolina.
(2) Nei paesi di lingua inglese è chiamata Morning Glory, ovvero Gloria del Mattino, per la loro particolarità di aprirsi al mattino e chiudersi la sera. [NDT]

sabato 15 marzo 2014

SEMI INVIATI DA NELLIE dalla Germania

Nellie è una nuova amica del blog che ci segue dalla Germania e che ha ricevuto i semi di Angelo tramite Enrico dall'Inghilterra (è il caso di dire che i semi viaggiano più di noi).
Questa è parte della prima lettera arrivata alla posta del blog:

"Sono una dei fortunati del forum di giardinaggio inglese che ha ricevuto i semi di Angelo - quei fantastici pomodori d'inverno, peperoni, Caroselli ....

Mi sentivo come a Natale quando ho aperto quella lettera !

Grazie mille per la vostra generosità !
Passerò la metà di ogni pacchetto al "Privates Samen-Archiv" (archivio privato dei Semi) di Gerhard Bohl in Germania. Questo signore ha raccolto quasi tremila varietà di pomodori e centinaia di peperoni e fagioli  che  mantiene in vita con l'aiuto di coltivatori come me , che ricevono i semi, coltivano le piante, e rinviano i semi nuovi all'archivio.
Così anche i vostri andranno in quella collezione!

Grazie anche per tutti i grandi articoli e foto sul sito web.

Mi piacerebbe inviare qualcosa in cambio !
"


E così ci ha inviato tanti nuovi semi da provare: 







GRAZIE NELLIE DI CUORE PER AVER CONDIVISO CON NOI QUESTE DELIZIE.

Le tentazioni sono tante, il terreno e il tempo è sempre troppo poco.

Sono rimaste a disposizione queste varietà:

Pomodori
- Cyril's choice
- Black Russian
- Orange favourite
- Gelbe königin

Fagioli
- Lazy houswife
- Redland's green leaf,
- Aramis

RITENIAMO COSA SAGGIA INVIARLI 
A CHI SE NE POTRÀ PRENDERE CURA 
MA ALLE SEGUENTI CONDIZIONI:

- Ci riserviamo il diritto di scegliere a chi inviarli qualora si presentino più richiedenti;
- Avranno precedenza coloro che hanno già inserito le loro liste di scambio semi sul blog e coloro che partecipano attivamente al blog scrivendo articoli;
- Avranno precedenza persone fidate;
- Chi li coltiverà dovrà rimettere a disposizione i semi riprodotti per il prossimo anno, nella lista SCAMBIO SEMI;
- La coltivazione dovrà essere documentata e dovrà essere oggetto di un successivo articolo.

Abbiamo scelto questa linea perché 
è importante non perdere di vista l'obiettivo del blog
ovvero
lo SCAMBIO finalizzato alla CONDIVISIONE.




lunedì 10 marzo 2014

L'ORTO IN TRENTINO DI BRUNA

Ciao a tutti,
Mi chiamo Bruna ed ho 52 anni.

Dal 2010 con il mio compagno e mia sorella siamo tornati a vivere in Trentino ed abbiamo ripreso a lavorare il vecchio orto biologico abbandonato da 10 anni.
Fortunatamente per tutto questo tempo lo avevamo tenuto coperto con un enorme cumulo, composto da tutti i tagli di potature fatti negli anni.
Durante i weekend che potevamo trascorrere qui, l’unico lavoro che riuscivamo a fare era la lotta contro il bosco che inesorabilmente avanzava riappropriandosi del terreno....



In questo modo, quando lo abbiamo ripreso nel 2010, lavorando il terreno di tutte le aiuole ad una profondità di mezzo metro circa, con nostra gioia abbiamo trovato una enormità di lombrichi che in tutti questi anni avevano lavorato per noi mantenendo la terra morbida e ricca di humus.
Da allora il terreno non è stato più lavorato meccanicamente e sono iniziate le nostre coltivazioni sinergiche.



Per noi non si tratta di una nuova esperienza poiché nei 10 anni precedenti avevamo già coltivato un altro orto domestico in Piemonte in modo sinergico.
Qui il lavoro è stato molto più duro ma nella primavera del 2011 abbiamo potuto trapiantare le prime piantine nelle aiuole e l’orto è partito!
Devo dire per onestà che il vero "Signore dell'orto" è il mio compagno, poiché le terrazze che ora coltiviamo, trent'anni fa non esistevano,  il terreno era tutto scosceso e lui, da solo, le ricavò scavando giorno per giorno la montagna.



Il terreno dolomitico è solo sassi, ma la sua costanza di allora, ed ora la nostra, hanno ottenuto un ottimo risultato, tanto che oggi il terreno che coltiviamo ne contiene davvero pochi.

Originariamente l’orto principale (nella seconda terrazza, la più larga) era formato da 18 aiuole (1 x 3 m) disposte su due file delimitate da strutture in cemento (all'epoca fatte fare su misura) che creano delle stradine con cordolo incorporato attorno alle aiuole.



Fu un’ottima idea per preservare il terreno coltivabile dal calpestio, per evitare il proliferare della gramigna, per accedere all'orto in qualunque condizione atmosferica senza sporcarsi ed infine per sedersi comodamente sul bordo di un’aiuola mentre si piantuma quella a fianco.

Ci sono altre 3 terrazze meno larghe.

Nella prima coltiviamo mirtilli e ribes all'ombra di una fila di noccioli che fanno da siepe sul confine.

La seconda è l’orto con serra.



Nella terza, dietro ad una fila di meli antichi, abbiamo costruito (sempre con recuperi) due lunghe aiuole sopraelevate dove coltiviamo prevalentemente cavoli in sinergia con tanti altri ortaggi.

La quarta in alto, delimitata da un alto muro in cemento, è occupata per metà  dai pannelli termici e dal finocchio selvatico, l’altra metà per ora ospita un alveare ma è in attesa di essere allargata e consolidata.



Nell’inverno 2012, da un recupero gratuito di materiali dismessi di uno stand fieristico è nato il progetto della serra.

Utilizzando gli archi sinergici come struttura li abbiamo rivestiti con delle reti elettrosaldate zincate creando un lungo tunnel di sostegno. La porta e i tubi per l’avvolgimento laterale del telo abbiamo dovuto comprarli adattandoli alla struttura.



Abbiamo steso fra la rete del soffitto e il pvc del tessuto non tessuto largo 4 m, ma il lavoro più faticoso (dopo aver coperto la serra per poter lavorare nonostante le piogge) è stato quello di sollevare tutte le stradine in cemento e riposizionarle trasformando le 8 aiuole esistenti in 3 lunghe aiuole con due stradine di accesso. Il risultato lo vedrete nelle foto.

La serra è terminata il 31 dicembre 2012 e a primavera abbiamo raccolto come primizie i broccoli e le fave che dall'orto aperto si erano ritrovati magicamente al riparo.



Fino ad allora, tranne che per le fave,fagioli, piselli, avevamo sempre trapiantato piantine provenienti da vari vivai, non avendo il tempo (io lavoravo) e il luogo protetto per le semine.

Ma, poiché il nostro obiettivo è l'autosussistenza,  dopo la costruzione della serra io mi sono presa l’incarico di occuparmi delle semine e così l’anno scorso per la prima volta mi sono avvicinata al mondo fantastico dei semi.

Ne avevo già una scorta recuperata dai nostri frutti o da fiori raccolti un po’ ovunque, ho cercato in internet e ho fatto i primi scambi, quindi sono partita.



Sono una principiante ma i risultati del primo anno sono stati gratificanti, non mi sembrava vero che tutti quei fantastici ortaggi fossero frutto della mia dedizione ai piccoli semi.

L’esperienza da fare è ancora tanta e spero di ottenere di anno in anno sempre nuovi risultati anche con il vostro aiuto.

mercoledì 5 marzo 2014

CARDAMINE HIRSUTA

di Claudia M.

La Cardamine è una delle prime piante a nascere spontaneamente negli orti alla fine dell'inverno. Cresce anche nei terreni abbandonati ma predilige quelli lavorati.



Il nome scientifico deriva dal greco kárdamon, crescione, perché molte sue caratteristiche ricordano il crescione d'acqua (Nasturtium). Il genere comprende 150 specie, la mia è stata identificata come hirsuta e sicuramente è lei, ma se devo essere sincera non mi sembra così pelosa come il nome fa pensare.
Anche il nome inglese, Hairy bittercress e il nome comune di Crescione dei prati sottolineano le sue caratteristiche: aspetto, odore e gusto amaro-piccante, che richiamano il crescione, e la leggera pelosità della pianta.


La pianta da me e credo dappertutto è annuale, anche se l'ho vista descritta come biennale, penso per un refuso, oppure si riferivano ad una varietà simile.
E' originaria dell'Europa e dell' Asia occidentale ma si è diffusa in tutto il mondo.
Da una rosetta di foglie spuntano gli steli che portano gruppetti di piccoli fiori prevalentemente bianchi. Questi hanno la classica forma a 4 petali delle brassicacee. Un tempo si chiamavano crucifere proprio per la forma a croce dei fiori.



Le foglie sono davvero caratteristiche e oserei dire graziose. Il termine botanico è pennatosette.
Altro aspetto inconfondibile è la radice, che io definisco “a ciuffetto.”



Anche i semi sono tipici delle crucifere e sono quindi contenuti in silique. Al centro di alcuni dei fiorellini nelle foto sopra e sotto, spunta un "filo" verde. E' la siliqua in formazione.


La pianta è altamente infestante. I fiori sono autoimpollinanti, i semi maturano a scalare per la maggior parte dell'anno, e le piante più grandi riescono a produrne alcune migliaia. Le silique “esplodono” al tocco quando i semi sono maturi, spargendoli fino a un metro di distanza.
 


Risulta quindi indispensabile eliminarle prima della fioritura, se si vuole riuscire a coltivare anche altro.
Un buon modo per vendicarsi di averle dovute estirpare è quello di cibarsene.
L'utilizzo tradizionale la vuole aggiunta alle insalate o come aromatizzante.



E' da considerare un'aromatica. Per quanto buono sia il rosmarino si aggiunge in piccola quantità ad altri alimenti, non ne mangiamo una insalatiera colma per contorno. Allo stesso modo il gusto della cardamine è forte e mangiata da sola potrebbe scoraggiare.
Aggiunta all'insalata mi piace poco.
Quest'anno ho scoperto che la preferisco cotta.
 


Ho preso alcune piantine ancora piuttosto piccole, ho tolto la radice e le ho lavate bene.
La rosetta di foglie al centro è molto fitta, per quello è necessario un lavaggio adeguato.
Le ho tagliuzzate. Ho preparato un soffritto di cipolla... sì, da quest'anno ho iniziato a soffriggere la cipolla... Ci ho messo un po' del mio mix di erbe aromatiche polverizzate, un pizzichino di sale e la cardamine.


Le foglie si sono subito appassite, rilasciando un po' di umidità, che è stata sufficiente per portare a termine la cottura, a fuoco lento. Nel frattempo ho iniziato la cottura della pasta in acqua salata e l'ho buttata a finire di cuocere con la cardamine. Servito con grana grattugiato.
Niente altro. Anche questa non è una ricetta, è una pasta con un'erba spontanea saltata in padella.
Per diluire ulteriormente il forte aroma e legare il tutto penso che si potrebbe aggiungere panna o besciamella. Diciamo che è piaciuta anche senza.



Sorprendentemente è venuto buono anche un sugo di pomodoro, con l'aggiunta di foglie di cardamine, ma la preferisco “in bianco.”
Mi piacerebbe conoscere le opinioni e le ricette dei coraggiosi che vorranno assaggiarla.

lunedì 3 marzo 2014

MARMELLATA DI ARANCE

di Anke S.

Nell’orto dove coltivo, che si trova nella Penisola Sorrentina, ci sono tanti limoni e molte varietà di arance.


Nella foto si vedono pompelmi e arance amare (in alto),  limoni e arance a forma di uovo (nella parte bassa). In più crescono tarocchi, arance alla vaniglia e le sanguinelle.

Per la marmellata scelgo le arance con la buccia spessa e rugosa che, come si vede in foto, sono anche piene di semi.



Dopo aver lavato le arance in acqua corrente, le metto in un pentolone con acqua fredda, che copro e metto tutto sul fuoco a fiamma media. Dal momento della prima ebollizione, le arance devono bollire per ca. 10 minuti.

Ecco le arance bollite

Adesso vanno lasciate raffreddare nella pentola. Quando l’acqua è ormai fredda, comincio a cambiare l’acqua due volte al giorno per i successivi tre giorni.


 Il quarto giorno dall’inizio della produzione, tolgo le arance dall’acqua e le ripongo in un vassoio.



Alcune appariranno molli e flosce, ma è del tutto normale. Nella foto si vede come la polpa interna sia diventata gelatinosa.

Comincio a tagliare le arance, prima a metà e poi a cubetti. Io preferisco pezzetti da ca. 1-2 cm di lato.




Faccio attenzione a togliere sia i semi che l’asse bianco del frutto quando è eccessivo. Poi metto tutto in una pentola.

Da 14 arance di media grandezza ho ricavato 2,1 kg di buccia, polpa e succo. Ad essi aggiungo 1,3 kg di zucchero (ogni kg di frutta uso ca. 650 gr di zucchero), come si vede nella foto.



Metto tutto sul fuoco a fiamma moderata, e dal momento dell’inizio dell’ebollizione occorrono ca. 50 minuti per completare la cottura, facendo attenzione a girare spesso per impedire che il composto si attacchi sul fondo della pentola. Una decina di minuti prima del termine della cottura, aggiungo il succo di due limoni.

Appena spento il fuoco, invaso la marmellata nei vasetti già preparati, come di solito.



Ho ricavato in tutto 7 vasetti. Questa marmellata è ottima per la pastiera napoletana, crostate e – naturalmente – con pane e burro.