sabato 24 luglio 2021

FAGIOLO REGINA DI SAN LUPO

Fagiolo regina di San Lupo 

 di Angelo Passalacqua 


San Lupo, piccolo paese in provincia di Benevento, patria del fagiolo regina, così chiamato in onore della Regina Maria Teresa, come si può leggere qui


Una rarità che ricevetti anni fa da un Amico, proprietario di azienda vinicola di Torrecuso, altro piccolo paese poco distante da San Lupo 



Sapevo già che non era un fagiolo che avrei potuto coltivare nei miei terreni, è una varietà esigente in fertilità del terreno ed acqua di irrigazione, per fortuna c'erano due Amici erano pronti ad adottarlo, con ottimo risultato 



E' una varietà tradizionale della Regione Campania, qui la scheda

Non avendo assaggiato i fagioli coltivati a San Lupo, non posso dire se è rimasto lo stesso anche se coltivato in Puglia e Basilicata, però è così buono che non oso immaginare il livello della bontà, sicuramente inarrivabile, di quello "originale"! 

Le ricerche che ho fatto per trovare notizie mi hanno fatto scoprire un paese, che conta circa 800 abitanti ma sono molte migliaia quelli residenti in tutto il Mondo, con una storia millenaria impossibile da ignorare. Un legume "femmina", porta il nome di Regina, nel paese delle streghe janare, come narra la leggenda, qui il sito del Comune, qui e qui altre notizie, infine qui un filmato. 

Ancora al femminile, uno scritto di qualche giorno fa: 

Ma chi sono le Janare? “Sono le streghe di Benevento - racconta Concetta Pigna, responsabile ricerca e sviluppo -. Figure mitiche della civiltà contadina, sacerdotesse di Diana, Artemide per i Greci, la dea che rappresenta una donna che combatte, conosce l’influsso delle fasi lunari sull’agricoltura e, con il suo arco, punta dritta all’obiettivo e lo centra. La leggenda narra di sacerdotesse danzanti intorno a un noce, rituale così forte che venne fatto proprio dalle Janare del noce di Benevento, un albero magico dalle doti soprannaturali. Le Janare in realtà erano donne moderne, che decidevano di essere sapienti, non necessariamente mogli e mamme. Conoscevano le erbe, preparavano pozioni e invadevano le campagne con i loro flussi vitali”. A loro, a queste donne sapienti e temute che la società maschilista definiva “streghe da non nominare” per incutere terrore tra la gente, è dedicato il progetto della Cooperativa La Guardiense nata nel 1960 proprio il giorno della festa della donna, su iniziativa di 33 soci fondatori. “Volevano affrancarsi dalla vendita delle uve a commercianti che speculavano sui prezzi, diventando essi stessi imprenditori cercando poi di aggregare il territorio e valorizzare i vitigni Falanghina e Aglianico - spiega l’attuale Presidente Domizio Pigna -. Nel 1962 si è svolta la prima vendemmia, nel 1966 abbiamo presentato la richiesta per la Doc Solopaca e, dopo sei anni, abbiamo avuto il riconoscimento. È stato il primo passo, poi è nata l’idea di qualificare il territorio tornando all’utilizzo dei vitigni storici”.

Testo tratto da qui


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