lunedì 8 dicembre 2008

Il Papavero

di Claudia M.
 
Sono stata in dubbio se scrivere di una umile e notissima pianticella, ma a volte si tende a dimenticare, a non badare alle più semplici tra le meraviglie che ci circondano, e ho pensato che il Papavero non si merita di essere dimenticato.
I papaveri di Claude Monet

Non mi dilungo quindi nel copiare la descrizione del Papavero o delle sue foglie pennatopartite, perché la possiamo trovare praticamente dappertutto e tutti, almeno quando è in fiore, lo sappiamo riconoscere. Mi limito alla doverosa citazione del suo vero nome, Papaver rhoeas, semplice nome per un semplice fiore. I nomi popolari più diffusi sono Rosolaccio o Ròsole. Ci sono numerose specie di Papavero, selvatico, ornamentale e da oppio, di svariati colori compreso l’azzurro, dalle forme semplici o doppie, che vi invito ad ammirare nelle foto del dott. Giuseppe Mazza

 
Come si evince dal titolo io intendo soffermarmi sul Papavero selvatico, stupendo nella sua semplicità, festoso del suo rosso, generoso nell’abbondante e prolungata fioritura, sensuale nella setosa morbidezza dei petali, effimero nel veloce cadere degli stessi.
I papaveri sono da sempre legati ai Cereali, i Sumeri li consideravano ancelle delle messi. Sono giunti a noi insieme alla granella dei Cereali, forse già quattro o cinquemila anni fa, e sono stati in seguito indissolubilmente legati al grano anche dal culto della dea Cerere.
Cerere di Bruegel

La convivenza è continuata per secoli, finché l’uso dei diserbanti ha confinato la poetica immagine dei campi dorati punteggiati dal blu dei fiordalisi e dal rosso vivo dei papaveri nella nostra memoria. Se dalle vostre parti se ne vedono ancora, fatemelo sapere, ne sarò lietissima.
Citati anche da Ovidio nelle Metamorfosi, dove “fecunda papavera florent” ornavano l’ingresso della dimora del Sonno. I Greci raffiguravano Hypnos, il sonno, Thanatos, la morte e Nyx, la notte, coronati di papaveri.
Tarquinio il Superbo, come ci tramanda Livio, tranciò con un bastone alcuni tra i papaveri più alti per suggerire al figlio, senza usare parole, come impossessarsi di Gabi: abbattere per primi i potenti. Chi lo odiava avrebbe raggiunto il sonno eterno.
Tutti, da bambini, li abbiamo raccolti e ci abbiamo giocato, ne abbiamo schiacciato i petali per ottenerne il succo rosso, aperti i boccioli dalla forma caratteristica per scoprire i petali ancora umidi e stropicciati, abbiamo cercato i numerosissimi semini scuri, facendoli uscire pian piano dai forellini delle capsule, usandoli per pepare le pappe preparate con foglioline e sassi.
Quando è in fiore tutti lo sanno riconoscere, ma anche chi non l’ha mai visto può cercare con successo in primavera le giovani e saporite piante tra l’altra vegetazione, facendo un minimo di attenzione.






Secondo la tradizione sono ottime cucinate in umido, ma anche in qualsiasi modo siamo abituati a consumare la verdura cotta. A renderne il gusto più gradito saranno i ricordi di quando andavo per i campi con la nonna e le mie amichette per raccoglierli, anzi, forse era la nonna a raccoglierli, mentre io giocavo con le amichette… 



Se non li avete mai assaggiati, vi consiglio di provarli, anche se nell’attuale era dei pesticidi preferisco coltivarli piuttosto che raccogliere quelli spontanei. 
Le foglie morbide e pubescenti sono riunite in rosette che possono diventare piuttosto grandi, spesso sulle sponde dei fossi se ne trovano ciuffi rigogliosi. I semi si usano per decorare il pane e per preparare alcuni tipi di confetti. L’olio di semi di papavero si può usare a scopo alimentare ed è forse il migliore per stemperare i colori a olio.



I petali si usano per fare delle tisane rilassanti, calmanti e lenitive della tosse, dell'insonnia, e sono utili ai soggetti nervosi.
Al Papavero si attribuiscono anche strane proprietà “magiche”, sembra che possa addirittura proteggere la casa dai fulmini!
Certo è che ha ispirato moltissimi pittori ed anche musicisti, ricordo De Andrè con “La guerra di Piero” e Rastelli - Panzeri - Mascheroni con “Papaveri e papere”. 

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