Piccolo manuale di coltivazione biologica
di Paolo Basso
Non ho certamente la pretesa di fare un manuale di orticoltura, ma visto che riceviamo spesso mail di amici che sono alle prese con la prima esperienza di coltivazione, magari in un terreno incolto da tempo, ho pensato di scrivere qualche post sull'argomento.
Anni fa' ho letto parecchio su vari sistemi di coltura biologica, altra esperienza l'ho fatta quando lavoravo alla climatizzazione di serre nella piana di Albenga, alla fine mi sono convinto che il sistema migliore è lasciar fare alla Natura, senza seguire tecniche particolari (biodinamico, sinergico ecc.) o calendari lunari.
Una cosa invece molto importante, che io faccio dai tempi del C64 Commodore, è tenere un diario giornaliero delle proprie coltivazioni, semine, trapianti, raccolta, temperature minime e precipitazioni (basta un termometro min-max da esterno e un pluviometro da pochi euro). Il diario può essere anche cartaceo, ma col PC è più facilmente consultabile (e più divertente...).
In questo modo possiamo far tesoro delle nostre esperienze, sia positive che negative, sapere quando seminare per avere il raccolto in un determinato periodo, sfruttare al meglio la piovosità del nostro clima, scegliere le varietà più adatte e così via. Ovviamente i primi tempi dovremo far ricorso all'esperienza altrui, ma col trascorrere degli anni questo diario diventerà la nostra Bibbia orticola.
ATTREZZI
Per un orto familiare non ne occorrono molti:
- un robusto forcone a 4 denti per la prima vangatura profonda del terreno e successivamente per arieggiare,
- una pala da muratore (ne esistono di molto leggere, con pala in lega di alluminio e manico in legno leggero),
- un rastrello più robusto ed uno piccolo a denti vicini,
- una zappetta da sarchiare col manico lungo,
- una zappa per fare i solchi (anche questa col manico un po' lungo),
- una forca a 3 o 4 denti per spostare residui vegetali.
Altre cose che possono essere utili:
- due picchetti di legno ed una lenza per tracciare i solchi.
Se si ha la pazienza di fare un nodo ogni 20 o 30 cm del cordino si può poi trapiantare o seminare alla distanza giusta, oppure, tracciato il solco, sapere quante piantine ci si possono mettere. Con i nodi a 20 cm si possono mettere a 10, 20 o 40 cm, con i nodi a 30 cm invece a 15, 30 o 60 cm; - alcune tavole di legno da utilizzare come camminamenti per lavorare nelle aiuole o trapiantare col terreno molto umido senza pestare troppo;
- una carriola per spostare terra, portare compost o letame, qualche secchio di plastica di recupero o secchio da muratore.
aaltre cosette utili da fabbricarsi con poca spesa le vedremo più avanti.
Prima lavorazione del terreno
Normalmente il terreno in cui vorremmo fare l'orto è incolto da anni, pieno di erbe infestanti, sassi, vecchie radici, magari anche da spianare...
Dopo aver tolto alla meno peggio erbacce, sassi, spianato un po', si pensa a chiamare qualcuno che con una motozappa ci faccia un bella lavorazione del terreno. Niente di più sbagliato per tutta una serie di motivi qui elencati:
- la rotazione della fresa rompe la naturale grumosità del terreno, che permette al terreno di respirare, di essere penetrato facilmente dalle radici e dai lombrichi; alle prime piogge forti il terreno diventerà pesante e compatto, se argilloso poi sarà un disastro.
- se nel terreno ci saranno piante di gramigna o simili, le lame della fresa ne sminuzzeranno le radici che rivegeteranno infestandovi tutto il terreno.
- sarà una strage di lombrichi, mentre magari le larve di elateridi o ferretti sopravviveranno.
- usando poi spesso la motozappa si formerà la cosidetta “suola di lavorazione”, cioè uno strato duro e compatto dove non arrivano le lame della fresa.
Lasciamo quindi questo attrezzo a chi ha grandi estensioni di terreno, per il nostro orto familiare non serve. Io ho parecchio terreno, un fisico da buttare eppure non ho mai usato la motozappa. Ne avevo una anche abbastanza potente, che usava mio padre per una lavorazione leggera sotto gli ulivi contro le infestanti e l'ho regalata. Ho cintato l'uliveto, messo le caprette nane ed ora ci pensano loro, anche a concimare...
Armiamoci quindi di forcone, rastrello, un secchio per raccogliere le pietre, un altro per radici e residui vegetali ed iniziamo.
La zolla rovesciata la sminuzziamo facilmente se la terra è in tempera, cioè umida al punto giusto e non troppo bagnata o secca. Col rastrello raccogliamo sassi e radici che finiranno nei rispettivi secchi, eliminiamo eventuali larve di maggiolino o elateridi, tutti ben visibili per il loro colore chiaro, più difficili da vedere saranno i bruchi delle nottue, grigi e pelosi che fuori della terra si attorcigliano su se stessi. Questi bruchi potranno successivamente dare dei problemi alle piantine giovani appena trapiantate perchè le rosicchiano alla base.
Molto probabilmente però il nostro lavoro sarà sorvegliato dagli uccellini insettivori, come i pettirossi, che approfitteranno delle nostre pause per ripulire il terreno dalle larve e anche da qualche lombrico che non ha fatto in tempo a tornare sottoterra.
In qualche caso questa lavorazione non è sufficente, cioè quando il terreno è irregolare, con pietre o detriti e calcinacci o ancor peggio vetri. Allora bisogna proprio armarsi di coraggio e fare un lavoro definitivo. Si vangano 20 – 30 cm di terreno, sbricciolandolo quanto possibile e togliendo i sassi più grossi, radici o altro, poi si spala la terra e la si griglia direttamente sulla carriola.
Man mano che si procede con lo scavo si accumula la terra pulita qualche metro dietro, poi al termine del lavoro si spianerà il tutto.
Per fare la griglia ho utilizzato della rete zincata con fori quadrati di 2 cm. che viene venduta nei ferramenta, i listelli di legno per i bordi sono di 3x4 cm., un po' di viti a legno da 5 cm ed ecco una griglia leggera e robusta. Con una rete a fori più piccoli può anche servire a grigliare il compost.
Il fatto di rivoltare e mischiare completamente il terreno per 40 – 50 cm per togliere radici e sassi, lo si fa' solo come prima lavorazione di un terreno, perchè successivamente ci limiteremo a lavorazioni superficiali, senza rivoltare gli strati del terreno. Ci penseranno le radici ed i lombrichi a mantenerlo “lavorato”.
Qualcuno consiglia, in questa prima lavorazione; di incorporare nel terreno mentre si vanga, del concime organico o letame. Io non lo ritengo necessario, il terreno così rivoltato non è molto adatto ad essere subito coltivato da verdure “pregiate”. Eventualmente se si ha a disposizione della cenere di legna si può spargere sul terreno prima della lavorazione oppure nel caso di terra molto argillosa qualche sacco di torba..
Il concime organico lo useremo poi nelle coltivazioni estive, in copertura o interrato nel primo strato di terreno, dove i batteri e i lombrichi che lo decomporranno ulteriormente sono più attivi.
Il concime organico lo useremo poi nelle coltivazioni estive, in copertura o interrato nel primo strato di terreno, dove i batteri e i lombrichi che lo decomporranno ulteriormente sono più attivi.
Io consiglio di fare questa prima lavorazione in autunno, poi fare solchi e seminare le fave (questo ovviamente se il clima lo permette), abbastanza fitte cioè a 15 cm tra loro . Quando le fave sono alte una ventina di cm. si rincalzano, cosa che permette anche di eliminare eventuali infestanti appena germogliate. La rincalzatura permette anche di proteggere le fave dal vento e dal freddo, se dovessero seccare le foglie per una gelata le piante rivegetano dalla base. Alcune info e foto qui
Con questa coltivazione invernale si ottiene, oltre ovviamente al raccolto dei frutti, che nel terreno si riformi la flora batterica nei vari strati ed una buona quantità di azoto disponibile per le colture successive. Quando le temperature permetteranno il trapianto di pomodori ed altre verdure, si estirperanno le fave lasciando le radici nel terreno e con una lavorazione superficiale leggera si faranno i solchetti per le nuove piante.
Qui finisce la prima lezione, come compito a casa studiate: COME FARE LE PIANTINE
Come al solito la sezione “commenti” è parte integrante del post, dove inserire domande, critiche o esperienze personali.
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