giovedì 29 dicembre 2011

Pomodori spagnoli

di Tony (lacasettabio)

Ecco i pomodori spagnoli (di Angelo) coltivati nell'estate 2011.
Sono in ordine di maturazione, e, ovviamente, sono stati seminati tutti lo stesso giorno.




Carnoso di Salamanca:
Colore rosso, forma leggermente cuoriforme a volte con accenno di punta, crescita determinata.
Sapore ottimo, veramente carnoso con la parte dei semi molto ristretta.




La Rioj:
Colore rosso, costoluto, pianta vigorosa ma poco produttiva, crescita indeterminata.
Sapore buono, carnoso.



                                                  
Cuban Black:
Colore nero, liscio, leggermente schiacciato ai poli, crescita indeterminata, tendenza allo spacco.
Sapore buono, acquoso, leggermente acido.




                                         
Negrillo de Almoguera:
Colore nero con sfumature rosse, tondo leggermente schiacciato, crescita indeterminata, resiste allo spacco.
Sapore ottimo, una specie di incrocio fra rosso e nero, per niente acido, non acquoso come tutti i neri.



                                           
Malagueño de la Torre:
Colore rosso, tondo, molto sensibile al marciume apicale, crescita inderteminata, sapore discreto.




 San Fernando de Henares:        
Colore rosso, tondo appena schiacciato, molto sensibile allo spacco ed un po' al marciume apicale, crescita indeterminata, tardivo.
Sapore discreto.

domenica 25 dicembre 2011

La Feijoa


(Acca Sellowiana, fam.myrtaceae)
di Paolo Basso
 
E' una pianta da frutto poco coltivata nonostante i suoi numerosi pregi. Originaria del Brasile e del nord Argentina, è stata importata come ornamentale nel 1.890 nella Riviera di Ponente dove ha dimostrato di essere “poco freddolosa” nonostante le sue origini tropicali (si dice che resista sino a -8°). Se ne trovano parecchi esemplari di questa prima importazione in Costa Azzurra e in giardini pubblici o privati da Sanremo a Loano. Come pianta da frutto invece è stata selezionata sopratutto in N.Zelanda da cui proviene la maggior parte delle varietà, Mammouth, Triumph, Apollo, Gemini, Moore...

Anche le piante per uso ornamentale, molte fatte da seme, fruttificano ma danno frutti piccoli e allungati, molto spesso solo se impollinate da altre. Le varietà da frutto invece danno frutti più grossi e ovali, qualche varietà come la Mammouth è autofertile comunque fruttifica meglio se impollinata da altra varietà.

L'albero ha un portamento a cespuglio, solo con la potatura si può ottenere un alberello a tronco singolo. Le foglie sono ovali, coriacee, verde scuro la parte superiore, chiare e feltrose nel lato inferiore, nei paesi di origine con le foglie essiccate si fanno tisane.



Fiori, varietà Mammouth

I fiori compaiono in primavera, singoli o più spesso a grappoli, i petali bianchi all'esterno e rosso scuro all'interno, carnosi e dolci tanto che possono essere aggiunti alle insalate. Stami numerosi e rosso scuro con un pistillo centrale più lungo. I frutticini restano per tutta l'estate, ingrossando e maturando in autunno. Dove c'è terreno umido maturano ad ottobre, nei climi caldi e siccitosi la maturazione può avvenire anche a dicembre, come avviene spesso da me.

Non è facile capire se il frutto è maturo dal colore, l'unico modo è attendere che cadano naturalmente e consumarli poi entro la settimana. La polpa più esterna è compatta come quella di una pera, la parte centrale con i semi, molto piccoli e non molto numerosi, è traslucida. Il gusto poco dolce ma molto aromatico, con un aroma “tropicale” tra l'ananas e la banana. Si mangia crudo, tagliato a metà e scavato col cucchiaino oppure se ne possono fare ottime marmellate. Pur essendo poco calorico, ha un notevole contenuto di iodio e vitamina C.


 Frutti varietà Triumph
Le piante sono molto produttive, la raccolta facile perché basta scrollare la pianta e far cadere i frutti a terra o su una rete. Si possono riprodurre da seme, ma per avere piante di varietà ben definita e meno lente a fruttificare conviene la talea legnosa o meglio la margotta. Io preferisco quest'ultima utilizzando i rami che partono dal basso del cespuglio.

Ho anche piante fatte da seme che però non fruttificano ancora e che possono essere innestate con varietà pregiate. Io come al solito aspetto di vedere come saranno i frutti, poi deciderò.




domenica 18 dicembre 2011

Carote di Polignano

di Rocco D.
Inizio salutando gli Amici dell'orto, mi chiamo Rocco, ho 41 anni vivo a Polignano a Mare e lavoro a Bari. Ho un piccolo orto di famiglia, era di mio nonno, a cui dedico qualche ora giornaliera per produrre verdura per il consumo familiare e con funzione antistress...
Ho conosciuto il "vulcanico" Angelo due anni fa, lo ringrazio per l'aiuto alla stesura di questo scritto, oltre a tutto il resto (Come potete intuire!)


Citta natale di Domenico Modugno, Polignano è nota per alcuni ortaggi come l'oramai famoso carosello, il barattiere, le scarole e queste particolari carote


Ancora vivo il mio ricordo dell'orto di nonno, distante qualche chilometro dalla zona "eletta", quella dell'abazia di San Vito. Una carota da coltivazione invernale, si semina ad Agosto e si raccoglie da Dicembre-Gennaio

Ho ripreso a coltivare la carota dopo una ventina di anni dalla scomparsa di mio nonno, periodo in cui la carota scompare da quasi tutti gli orti. Dopo la semina in Agosto irrigo con l'acqua del pozzo, salmastra visto la vicinanza del mare, la cisterna di raccolta dell'acqua piovana è vuota da tempo. Il terreno è sabbioso, le carote crescono molto, il sapore è unico, polpa saporita e croccante, tenera anche in pezzature enormi, il "cuore" non è mai fibroso


Quattrocentosessanta grammi! Cresce solo a Polignano, non la si trova in nessun altro luogo e nemmeno in periodo diversi dell'anno, come ho provato più volte.

Oltre alla radice si consumano anche le foglie, crude o, meglio, cotte in gustose frittate
Rocco D.

giovedì 8 dicembre 2011

Fagioli Laziali

di Angelo Passalacqua

Questa volta il doveroso ringraziamento per la fornitura dei semi va alla nostra Amica Roberta


La patria di questi fagioli è la Tuscia, a sinistra vediamo il fagiolo del Purgatorio, in alto il fagiolo secondo o della stoppia, a destra il Regina di Marano Equo.


Ho seminato poche piante per varietà, giusto per testarle nel mio territorio.





Il piccolo fagiolo del Purgatorio di Gradoli è simile al riso di Sarconi ed al poverello di Rotonda, da segnalare la buccia molto sottile che riveste il seme, per non rovinarla occorre prestare attenzione alla raccolta.




Il fagiolo della stoppia o secondo di San Lorenzo Nuovo è molto interessante perché viene seminato dopo il raccolto dei cereali, senza arare il terreno. Cosa che proverò quest'anno.


Il Regina di Marano Equo stupisce per la sua produttività, guardate quanti baccelli ha questa piantina! Nel mio terreno, sicuramente più asciutto di quello originario, la pianta non è cresciuta molto, non ho messo sostegni lasciando che si appoggiasse al suolo, la resa è sta comunque notevole.

Non posso dirvi nulla sulle qualità culinarie di questi fagioli, ho badato alla produzione di semi per il 2012 ma sono sicuro che Roberta colmerà presto questa lacuna!

giovedì 1 dicembre 2011

fagiolo Supermetis

FAGIOLO SUPERMETIS
Phaseolus vulgaris

di Angelo Passalacqua

Una varietà di fagiolo di origine commerciale, viene molto apprezzato come fagiolino "mangiatutto" o, come dicono gli amici toscani, "in erba"


E' un fagiolo nano, non ha bisogno di sostegno, molto precoce , nel mio orto lo coltivo a secco assieme al dolico occhio pinto, più tardivo. Nessun problema di ibridazione, non è necessario nessun trattamento di difesa contro funghi e parassiti.


Qui vediamo il supermetis assieme all'occhipinto, il fagiolo è a sinistra, il baccello è più carnoso, non crea il "filo" e rimane tenero.


Il piccolo fiore bianco del fagiolo non può competere con quello del dolico, per fortuna il "risultato" è ottimo per entrambe le varietà


Questo è uno dei modi, molto saporito, di utilizzo culinario, fagiolini con spaghetti, cacioricotta e salsa di pomodoro tondino di Altamura, passati al momento ed immancabile basilico.


Sconosciuto invece l'uso dei semi secchi, è un vero peccato non assaggiare questo fagiolo dai bellissimi colori e la buona pezzatura, posso assicurarvelo!

martedì 22 novembre 2011

Fava da orto

La coltivazione ortiva della fava (Vicia faba)
di Paolo Basso


Nei climi miti o non troppo freddi coltivare le fave ha un duplice scopo, avere fave da consumare fresche in primavera o conservare secche per l'inverno, ma soprattutto migliorare il terreno e tenerlo sgombro da erbacce per le colture estive di pomodori, melanzane, peperoni e quant'altro.
La fava, ma sopratutto il favino, una varietà di fava a frutto piccolo, possono essere utilizzati come ottimo sovescio o granella per animali, ma questo esula un po' dal nostro argomento, la coltivazione ortiva.
Le fave non richiedono molta cura se non una buona rincalzatura specie in zone ventose o soggette a giornate fredde. E' particolarmente utile coltivare le fave in terreni mai utilizzati, argillosi, quasi privi di humus per prepararli all'utilizzo ortivo. Le radici delle fave apportano notevole materiale organico nel terreno e con i batteri radicali lasciano un discreto quantitativo di azoto disponibile per le colture successive (0,4 – 0,5 kg/100 mq) Dopo la raccolta dei baccelli gli steli possono essere triturati (basta un piccolo biotrituratore) e vangati nel terreno per un ulteriore apporto di sostanza organica. In alternativa possono finire nel cumulo del compost dove si degradano rapidamente.
Per la piantagione conviene fare una vangatura abbastanza profonda, per eliminare eventuali radici di infestanti, io utilizzo un robusto forcone a 4 denti molto comodo in terreni un po' sassosi; conviene capovolgere la zolla e sminuzzare grossolanamente per conservare la granulosità del terreno. Dopo una rastrellata per asportare eventuali sassi e spianare, si tracciano solchi abbastanza profondi ponendo i semi a 20 cm di distanza tra loro, che verranno poi coperti da alcuni cm di terra fatta franare dai bordi del solco. Nel caso di un terreno da bonificare i semi possono essere più vicini, anche 15 cm. per aumentare il materiale organico che resterà per la coltura successiva. I solchi profondi sono anche utili per trattenere meglio l'acqua piovana e l'umidità ai semi. La distanza ottimale tra i solchi è di 40 cm. Le fave non necessitano di concimazione se seminate in terreno vergine o successive a colture estive già concimate, ma disponendo di concime organico può essere inglobato nel terreno con la vangatura o sparso in copertura negli interfilari dopo la rincalzatura, questo soprattutto a favore delle colture che seguiranno.
Con temperature minime sui 15°, dopo due settimane le piantine usciranno dal terreno, con temperature inferiori i tempi si allungano un po'; in caso di terreno argilloso e crosta superficiale conviene una leggera sarchiature ai lati delle piante, utile anche per eliminare eventuali infestanti anch'esse appena germogliate.
Le infestanti cresciute sul colmo dei solchi verranno invece eliminate con il rincalzo delle piante che avverrà non appena queste saranno alte almeno una ventina di cm. Le piante così rincalzate potranno resistere meglio al vento ed al freddo; nel caso di eventuali geli che dovessero provocare la lessatura delle foglie, le piante potranno rivegetare dalla base. In condizioni normali da un singolo seme si formano due o tre steli che porteranno i fiori.
Le prime semine io le faccio in ottobre, poi altre a distanza di un mese, per avere un raccolto prolungato nel tempo. Se il clima lo permette è possibile una terza semina, a dicembre. Ovviamente, nel caso di climi freddi dove il terreno può gelare, le semine vanno fatte a primavera, non appena il terreno lo consente. In ogni caso le fave sono dei legumi resistenti al freddo, è bene utilizzare questa caratteristica proprio per tenere pulito e concimato l'orto in previsione delle colture estive. Frequentemente durante l'inverno, appena effettuata la raccolta di cavoli e broccoli, semino al loro posto delle fave che se la stagione lo permette posso raccogliere prima del trapianto delle piantine di pomodoro. Se per motivi climatici queste fave non saranno da raccogliere in tempo, sono pur sempre un ottimo sovescio.
Nei mesi freddi non ci sono problemi di afidi, col caldo è facile che le fave siano infestate di afidi neri. Poiché di solito il problema riguarda la parte apicale della pianta, il sistema migliore è quello di spuntare le piante quando la fioritura è avanzata ed iniziano a vedersi le prime piccole fave.
Se non si usano veleni si vedranno ben presto arrivare le coccinelle, grandi predatrici di afidi; anche alcuni uccellini insettivori come le cince e capinere possono aiutarci a contenere le infestazioni.
Io preferisco non cimare le piante e lasciarle infestare dagli afidi, tanto la produzione di fave non è compromessa più di tanto, mentre invece si moltiplicano le coccinelle, che quando tolgo le fave si spostano sulle altre colture da orto successive, specialmente sui fagiolini.
Nel caso si cimassero le fave, ecco una ricetta per utilizzarne le cime tenere: si cuociono al vapore o con pochissima acqua, si condiscono con ottimo olio di oliva in cui sia stato messo a macerare per 24 ore dell'origano. Questa è la ricetta spagnola, io ci aggiungo anche qualche goccia di limone.
Le fave per il consumo fresco vanno raccolte appena si formano i baccelli ed i grani sono grossi come dei fagioli, mangiate con salame, pecorino o semplicemente con un po' di sale.
Quando sono più grosse sono ottime lesse e condite con olio e.v. e qualche goccia di aceto balsamico, magari assieme a patate lesse. Io le conservo in freezer già sgranate, per lessarle quando serve un ottimo contorno.
Infine secche, per farle rinvenire in acqua tiepida come ceci e fagioli.
Le fave non hanno generalmente problemi di parassiti vegetali, possono esserci attacchi di antracnosi ai baccelli, con tacche necrotiche nerastre su baccelli e semi, oppure di ruggine su foglie e steli, ma generalmente non provocano danni rilevanti. Un'altro parassita vegetale è l'orobanche, che vive parassitando le radici delle leguminose.
Parassiti animali sono appunto gli afidi neri che nelle colture invernali possono essere controllati facilmente cimando la pianta ed il tonchio, i cui adulti depongono le uova nei baccelli giovani; le larve scavano i semi da cui usciranno gli adulti lasciando un foro perfettamente rotondo nel tegumento.
Pur essendo i fiori delle fave teoricamente autofecondanti, in pratica si avvantaggiano molto dell'impollinazione incrociata, fave coltivate in serra senza che possano entrare insetti impollinatori allegano ben pochi frutti, mentre le fave coltivate all'aperto nelle giornate di sole sono praticamente invase da bombi ed api, con conseguente buona allegagione.
Per questo motivo per ottenere una buona purezza del seme è opportuno adottare qualche precauzione: coltivare ben poche varietà diverse e nel caso distanziarle tra loro il più possibile, poi utilizzare per semenza solo i baccelli delle piante centrali e scartare in questa scelta piante diverse dalla varietà coltivata perché frutto di impollinazione incrociata negli anni precedenti.
A questo proposito occorre ricordare che nel caso di impollinazione con altre varietà, i frutti saranno sempre quelli della varietà “madre” mentre invece i semi porteranno un patrimonio genetico diverso che l'anno successivo darà frutti diversi.
Per la conservazione del seme, ben essiccato all'ombra, convengono sacchetti di carta o scatole di cartone ben sigillate. Occorre controllare periodicamente i semi per prevenire attacchi di tonchio, nel caso di rischio di forti infestazioni le sementi possono essere conservate in freezer.

Fiori di fava

un'ospite gradita in una coltivazione biologica




Ho provato a conservare in freezer una parte delle fave da seme, ben seccate e conservate in un sacchetto di carta, a sua volta in un sacchetto di polietilene ben sigillato. Le ho tenute li per 5 mesi.Le fave così trattate, seminate per confronto in solchi alternati con semenza tradizionale, hanno germogliato bene e nello stesso tempo. Col freezer, anche per brevi periodi, si ha la certezza di eliminare eventuali larve di tonchio.


Anno 2011

Ho seminato le fave gli ultimi giorni di ottobre, dopo una bella pioggia che ha reso lavorabile il terreno.Dopo un mese dalla semina, con le piante già abbastanza cresciute, ho fatto una sarchiatura ed una leggera rincalzatura, eliminando sul nascere le infestanti.

Foto del 30 novembre 2011

lunedì 21 novembre 2011

Traslocco

Per la chiusura di Splinder ci siamo trasferiti qua, pian piano trasferiremo anche i vecchi post.

lunedì 14 novembre 2011

Carota Pastinocello

IL PASTINOCELLO

di Angelo Passalacqua


Una carota molto diversa dalle altre, originaria dell'Appennino, un richiamo irresistibile per me che gradisco molto poco le "arancioni"!  Mi sono procurato i semi ed ho iniziato la coltivazione, le caratteristiche di questa carota descritte dalla Banca del Germoplasma della Toscana lasciavano intuire che si sarebbe ben adattata ai miei terreni

Il "Pastinocello" richiede terreni ricchi di scheletro ed addirittura rocciosi perché risultano maggiormente drenanti e favoriscono l'ingrossamento della radice, mentre in terreni di medio impasto, la radice si allunga eccessivamente rimanendo esile; il terreno deve essere a reazione sub-acida.

http://germoplasma.arsia.toscana.it/Germo/modules/MESI_Menu/Elemento.php?ID=133



Impossibilitato a farlo prima, ho seminato a fine Giugno, pochi semi giusto per vedere il risultato senza attendere la nuova annata agraria. Il terreno è "al naturale", non ho concimato proprio per testare la varietà. La pianta è arrivata al massimo ai 40 centimetri in altezza, ho innaffiato ogni 4 giorni circa


Il risultato è stato più che buono, seminando a Marzo (come farò nel 2012) di sicuro andrà ancora meglio!


Polpa gialla molto compatta e poco succosa, il sapore è eccezionale, ricorda molto la nocciola. Il "cuore" non è duro da masticare, non si sente per nulla.


http://www.terraditoscana.com/default.aspx?lpg=cucina_prodotti&obj=verdura_pastinocello





domenica 6 novembre 2011

Ipomoea batata

Ipomoea batata
di Claudia M.



Come spesso accade alle piante molto amate, anche la patata dolce ha tantissimi nomi: patata americana è il più diffuso. A primo avviso non sembra molto logico, perché sono state portate in Europa direttamente da Colombo, prima delle più comuni patate, che sono anch'esse originarie dell'America. Penso perché le altre patate, dopo un’accoglienza non proprio favorevole, sono alla fine  diventate “nostre”, mentre la batata si è diffusa più quietamente ma senza arrivare a fare davvero parte delle nostre abitudini alimentari tradizionali, tranne in poche zone d’Italia, dove si coltiva fin dall’ottocento.Altri nomi sono patata dolce, Camote o Convolvolus batata.



È infatti una convolvulacea, non una solanacea come le patate, ma il nome comune di patata si dà a quasi ogni cosa che cresce sottoterra, da noi anche i bulbi da fiore vengono familiarmente chiamati “patate”.

Le principali zone di produzione sono attualmente l’Asia e le zone tropicali.

Se ne usano principalmente i tuberi, dolci e ricchi di amido, consumati direttamente o utilizzati per la produzione di fecola e di alcool o anche come mangimi per animali. Si utilizzano anche le foglie, sia per l'alimentazione umana che animale, ma non posso pronunciarmi riguardo la loro bontà, non avendole mai assaggiate.

Ci sono varietà solo commestibili, solo decorative, per la forma e il colore delle foglie, ed altre sono sia decorative che commestibili.

Queste ultime si trovavano in commercio quando io ero piccola. Messe in acqua formavano la bella cascata di foglioline che durava alcuni mesi e a volte arrivavano a fiorire, anche se tenuta in casa in inverno raramente riusciva ad avere luce a sufficienza per uno sviluppo ideale.

Poi il tubero si esauriva o marciva, la coltivazione in acqua non porta alla produzione di nuovi tuberi. Ricordo all'epoca di avere chiesto più volte di provare a piantarla anche in terra, ma non fui accontentata.

Sicuramente queste varietà esistono ancora, ma trovarle in commercio dalle mie parti pare impossibile.

Ho notato che spesso le batate non germogliano nemmeno più, sono probabilmente trattate per evitarlo. Scelgo quindi quelle in vendita nei negozi etnici, che in genere germogliano più facilmente.


I fiori sono le classiche “campanelle” delle convolvulacee, più o meno decorativi secondo le specie. Si riproduce interrando i tuberi, anche solo una porzione di essi, oppure tramite talea o seme. Il tipo coltivato quest'anno non ha fatto fiori.

I fusti sono striscianti o rampicanti, ma non si attorcigliano a spirale come fanno i comuni convolvoli.

Abitualmente trovo in commercio solo la varietà a polpa arancione rosato. Il colore è bello e risalta nel piatto, ma il gusto non mi sembra speciale.

In un negozio di prodotti orientali ho trovato quelle con buccia color ciclamino e polpa bianca, e le considero molto migliori, soprattutto se gustate appena raccolte.

Quest'anno le ho coltivate con grande soddisfazione in vaso, partendo da una piccola porzione di tubero fatto prima germogliare avvolto in un panno umido. Ormai lo sapete che sono panno-umido dipendente!

In questo modo ho individuato la zona dove c’erano i germogli. Ho tagliato il pezzo, l’ho poi messo in acqua come per la tradizionale idrocoltura ornamentale e alla fine ho trasferito il tutto in vaso.

Ecco le tappe:

Il 5 marzo


Il 2 aprile


28 aprile



Trovo comodissima la coltivazione in vaso dei tuberi: in questo modo si facilita la raccolta: mi è stato  sufficiente capovolgere il vaso ed estrarre i tuberi dalla terra e dall'ammasso delle sottili radici. L'unico inconveniente è che i tuberi, quando raggiungono le pareti del vaso, si piegano oppure crescono con un lato piatto. Se questo non vi disturba, e se non avete necessità di grandi raccolti il vaso è l'ideale.





Gli anni precedenti non sono stata così fortunata. Il primo anno i tuberi, quelli che citavo prima, a polpa arancione rosata, li ho raccolti completamente scavati dagli insetti. Il gusto non era un granché,  nemmeno nei tuberi acquistati. Li avevo piantati solo perché io pianto tutto, ma la raccolta è stata disastrosa: solo una testarda come me ci avrebbe riprovato.Ho fatto bene: l'anno seguente piantando i tuberi dalla buccia rossa è andata meglio. Purtroppo avevo posto solo accanto ad altre piante e i tuberi si sono formati tra le radici di queste.La coltivazione in vaso è proprio quella che fa per me. La produzione di un singolo vaso è stata di 800 grammi.In agosto ho interrato in piena terra, stavolta in un'aiuola ben libera da altre radici, dove avevamo appena raccolto l'aglio, una talea radicata. Non la raccoglierò finché non ne avrò bisogno, perché le foglie sono ancora belle verdi, ma ho scostato la terra e ho visto che ha prodotto diversi tuberi, quindi da aggiungere agli 800 grammi raccolti finora. Direi che considerando l'esiguo peso della punta di tubero piantato in primavera, la resa è in proporzione altissima.




Ho cucinato i tuberi più grandi, due volte in minestra e una volta semplicemente lessati. Inventerò poi  qualche altra ricetta. I più piccoli li ho piantati, tenendo il vaso al riparo. Ho visto l'anno scorso che non è possibile conservarli fuori terra fino alla primavera, né all'asciutto né coltivandoli in idrocoltura, così quest'anno ho provato a piantarli. Ho messo anche delle talee in acqua a radicare.Le ricetteCome dicevo ho fatto due minestre.La prima più semplice, con cavolo nero, batata e bietoline. Ho preparato un soffritto, cosa che faccio molto raramente, con scalogno. Ci ho buttato le verdure crude, pulite, lavate e tagliate a pezzetti, ancora umide. Ho aggiunto del brodo e farina di ceci. A cottura ho frullato il tutto con il frullatore a immersione, ma non è indispensabile.La seconda minestra, che ho chiamato Passato d'autunno, è simile ma più complessa.Ho raccolto: foglie di cavolo nero, qualche foglia di verza, una batata, tetragonia, borragine, melissa, un pomodoro ritardatario e foglie di carciofo. Sìììì! Il carciofo che sembrava definitivamente defunto sta rispuntando.Lavate e mondate, le ho messe a bollire a pezzi in poca acqua, stavolta niente soffritto, non riesco ad abituarmi  e mi dimentico sempre di farlo. Si può usare del brodo o dado. La batata era grande, quindi non ho messo altri addensanti.Quasi a cottura ho passato il tutto con il frullatore a immersione e ho continuato la cottura.A parte ho preparato una crema al formaggio a microonde.Ho fatto sciogliere un cucchiaio di farina in una tazza di acqua, ma con il latte è meglio. Fatto bollire a microonde ed aggiunto del grana a pezzetti e noce moscata.Per servire: versare nei piatti il passato ed aggiungere al centro una cucchiaiata di crema al formaggio. Si può versare così semplicemente oppure decorare il piatto tirando la crema bianca con uno spiedino o una forchetta per formare dei disegni.La quantità era abbondante, pensavo di lasciarne metà per il giorno dopo, ma abbiamo preferito rinunciare al secondo e fare il bis di questo delizioso passato autunnale. Se si desidera un colore meno autunnale si può evitare il pomodoro.

L'altra ricetta è semplicissima. Ho preso una batata, l'ho sbucciata solo nelle parti dove c'erano radici,  lasciando la buccia dove era sottile e liscia. L'ho tagliata a pezzetti, l'ho messa in una ciotola di vetro e l'ho condita con un cucchiaino di olio e un pizzico di sale grosso. Coperta la ciotola l'ho messa a cuocere a microonde per pochi minuti, girando un paio di volte. Stupenda.



Curiosità: Ho letto che dalla buccia della patata dolce è possibile estrarre una sostanza che riduce la glicemia basale, il colesterolo e l'emoglobina glicata, essendo quindi di aiuto nel trattamento del diabete dell'anziano. Le foglie schiacciate sarebbero di sollievo nelle scottature lievi (quando non si forma la vescica, ma solo l'arrossamento).Il loro consumo potrebbe avere effetti antiossidanti e migliorare il sistema immunitario. Non ho trovato controindicazioni verso un consumo di quantità ragionevoli, tranne forse il maggior numero di calorie rispetto alle patate, compensate però da un peso specifico minore. Provate a sollevare un sacco di patate e uno di batate, non è la stessa cosa.

Morale: una patata americana ogni tanto non può che fare bene, se è coltivata da noi meglio ancora.